La conversione del Decreto Legge n. 89 del 2011: le modifiche parlamentari non superano le criticità del testo

di Clara Santoro
La Camera dei deputati il 14 luglio 2011 ha approvato, con alcune modifiche, il disegno di legge di conversione del decreto legge n. 89 del 2011, che reca norme di attuazione delle direttive sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.
Il testo, trasmesso al Senato, è stato definitivamente approvato, senza modifiche, il 2 agosto 2011 e il 5 agosto successivo la legge di conversione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale (Legge n. 129 del 2 agosto 2011).
L'iter parlamentare di conversione ha mantenuto pressoché intatto l'impianto complessivo del decreto-legge, che è stato modificato solo in alcune parti per lo più per esigenze di chiarezza interpretativa e di coordinamento interno del testo. Permangono, pertanto, le criticità già da me evidenziate in precedenza, legate alla compatibilità con il diritto comunitario (v. Clara Santoro. Il Decreto legge n. 89 del 2011. Tra seconda attuazione della direttiva “libera circolazione” e tardiva attuazione della direttiva “rimpatri”).
Nel corso dell'esame in sede referente presso la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati sono stati approvati tre emendamenti al testo.
I primi due emendamenti si riferiscono al Capo I del decreto-legge, riguardante la libera circolazione e la permanenza dei cittadini comunitari e dei loro familiari (che modifica il decreto legislativo n. 30/2007, di attuazione della direttiva 2004/38/CE). La prima modifica integra le disposizioni del decreto-legge che prevede che, ai fini della verifica della sussistenza del requisito della disponibilità di risorse economiche sufficienti per un soggiorno di oltre 3 mesi si debba, in ogni caso, valutare “la situazione complessiva personale dell’interessato” e che i controlli debbano avvenire solo in presenza di ragionevoli dubbi in ordine alla persistenza delle condizioni medesime. L'emendamento ha specificato che la verifica deve, in particolar modo, riguardare le spese per l'alloggio, sia esso in locazione, in comodato, di proprietà o detenuto in base ad un altro diritto soggettivo. L'approvazione di questo emendamento, tuttavia, non chiarisce il rapporto tra la suddetta previsione e il riferimento al reddito minimo richiesto dall'articolo 9, comma 3, del D.Lgs. 30/2007 ovvero di un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale (per il 2011 pari a 5.424,9€ annui) aumentato della metà dell'importo dell'assegno sociale (2.712,45€) per ogni familiare da ricongiungere.
Il secondo emendamento recepisce un'osservazione espressa nel parere del Comitato per la legislazione (parere alla I Commissione), che aveva evidenziato la scarsa chiarezza del testo. Il decreto-legge all'articolo 1, comma 1, lettera f) prevede, infatti, che il possesso del documento che attesta l'iscrizione all'anagrafe o del documento di soggiorno non costituisce condizione per l'esercizio di un diritto. L'emendamento approvato ha inserito la parola «necessaria» con riferimento alla condizione. In altre parole, con questa modifica si chiarisce la portata normativa della disposizione, che altrimenti si sarebbe prestata ad una duplice interpretazione. Da una parte, si sarebbe potuto concludere che il possesso di un documento di soggiorno non avrebbe costituito condizione necessaria per l'esercizio di un diritto e, dall'altra, che il possesso di tale documento non sarebbe stato condizione sufficiente per l'esercizio di un diritto da parte dello straniero. Il testo emendato dispone quindi che, generalmente, il possesso del documento di soggiorno o di quello che attesta l'iscrizione non costituisce condizione per l'esercizio di diritti, salvo che specifiche disposizioni di legge non dispongano diversamente.
Il terzo emendamento incide sul Capo II del decreto-legge, ovvero quello riguardante il recepimento della cd. “direttiva rimpatri”. Il testo approvato dalla Commissione modifica il comma 1-bis dell'articolo 32 del testo unico dell'immigrazione. Secondo la nuova previsione ai minori stranieri non accompagnati, affidati o sottoposti a tutela, ammessi a un progetto di integrazione sociale e civile, può essere rilasciato, una volta compiuta la maggiore età, un permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro o di lavoro subordinato o autonomo, purché non sia intervenuta una decisione del Comitato per i minori stranieri. Nelle intenzioni del legislatore, le modifiche proposte mirano a rendere più elastica la procedura per il rilascio del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età agli stranieri che siano giunti in Italia quando erano minori non accompagnati e abbiano seguito un percorso di integrazione: questo al fine di evitare che i medesimi, al compimento della maggiore età, diventino clandestini.
2. L'esame in Assemblea alla Camera dei deputati
Gli emendamenti approvati, quasi all'unanimità, nel corso dell'esame in Assemblea riguardano principalmente coordinamenti formali del testo (v. emendamenti della Commissione 3.100, 3.101, 3.102, 3.103, 3.104) e modifiche relative alla copertura finanziaria (v. emendamenti 5.300 e 5.301 votati ai sensi dell'art. 86 comma 4-bis del Regolamento della Camera).
Gli emendamenti “di merito” che sono stati approvati sono tre.